
Nel dibattito tecnico sul PNRR, si parla spesso di milestone come se fossero semplici bandierine da piantare lungo il percorso progettuale. Ma cosa significa davvero raggiungere una milestone in un comune montano con meno di mille abitanti, personale ridotto all’essenziale e una struttura organizzativa che fatica a sostenere anche l’ordinario?
Parlo qui dell’esperienza vissuta in prima persona come esperta in supporto alle amministrazioni locali impegnate nell’attuazione degli interventi previsti dal PNRR. Un’esperienza che mi ha confermato quanto la distanza tra la teoria dei bandi e la realtà operativa di certi territori sia ancora ampia — ma colmabile.
Una macchina piccola con tanto carico
Gli enti in questione hanno le caratteristiche di molti comuni italiani dell’entroterra: pochi dipendenti, spesso con doppie o triple funzioni, e un altissimo livello di esposizione a imprevisti amministrativi. Bastano una malattia o un pensionamento per bloccare interi procedimenti.
Gli uffici tecnici non sono dedicati esclusivamente ai progetti PNRR: seguono le gare, gestiscono la contabilità, rispondono a cittadini e aziende, redigono determine, presidiano il territorio. Non c’è un ufficio rendicontazione, né una figura esclusivamente dedicata alla programmazione o al monitoraggio.
A tutto questo si somma l’onere di dover rispettare scadenze rigide, vincolate a target europei, con piattaforme digitali spesso non perfettamente aderenti alle effettive capacità operative dei piccoli enti.
Le criticità più evidenti
Durante il mio affiancamento ho rilevato criticità ricorrenti che non sono eccezioni, ma sintomi strutturali:
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assenza di personale specializzato in europrogettazione, contabilità speciale, rendicontazione
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difficoltà nell’accesso e nell’uso delle piattaforme centralizzate (non tanto per incompetenza, quanto per mancanza di tempo e formazione)
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forte esposizione all’errore procedurale, per mancanza di backup interni e aggiornamenti normativi tempestivi
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poca dimestichezza con la logica progettuale per obiettivi, ancora troppo distante dalla routine amministrativa ordinaria.
Il ruolo dell’esperto esterno: ponte tra vincoli e soluzioni
In questo contesto, la mia funzione non si è limitata alla compilazione di documenti o al controllo di scadenze. Al contrario, ho lavorato come figura cerniera tra il linguaggio delle norme e quello dell’operatività quotidiana.
Nello specifico:
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ho reimpostato cronoprogrammi compatibili con i vincoli dell’ente
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ho semplificato e decodificato le richieste ministeriali per renderle comprensibili e attuabili in concreto
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ho costruito template operativi e check-list per il monitoraggio delle attività
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ho svolto un ruolo di facilitatore digitale, presidiando l’uso delle piattaforme e supportando le fasi più critiche della rendicontazione.
Ogni milestone è anche un test di resilienza
Quando si raggiunge una milestone in questi contesti, non si tratta solo di spuntare una casella. Significa:
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aver superato ostacoli burocratici con risorse limitate
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aver mantenuto la rotta nonostante interruzioni operative
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aver trasformato un obbligo in un’occasione di aggiornamento e crescita per l’ente.
E soprattutto, aver contribuito a costruire una base più solida per affrontare i progetti futuri.
Nel PNRR si parla spesso di numeri, cifre e KPI. Ma dietro ogni piccolo traguardo raggiunto nei territori più fragili c’è un lavoro capillare, silenzioso, tecnico e umano insieme.
Laddone il sistema rischia di essere più fragile, una figura esperta esterna può fare la differenza: non solo per rispettare una scadenza, ma per lasciare competenze residue, migliorare processi e restituire fiducia alla PA locale.
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